
Ero al mare e non c’avevo proprio cazzi di scrivere nulla. Avevo solo un paio di vaghe idee. Una di cui parleremo in un prossimo post, credo. Da sviluppare. Un’altra è la presente, ma non trovavo un aggancio forte per motivare un ragionamento, se non fare una vuota rassegna. La stessa vuota rassegna che sta facendo in questi giorni uno qualsiasi dei siti di cinema che compaiono a ripetizione in feed sullo smartphone. Che da un lato un po’ invidio, perché non avrei bisogno di una newsletter per menarvi il torrone, mentre dall’altro m’inquieta molto, perché è sempre la stessa formula che si ripete con contenuti lievemente differenti, tutti parte dello stesso ampio e appiattito calderone informativo.
Mi ero chiesto se avesse senso, in vista del conclave del prossimo 7 maggio (compleanno di mia nipote, tra l’altro: auguri, tesoro di zio 😘), quello stesso conclave che nel post sulla notte degli Oscar avevamo preconizzato entro 100 anni e che invece è arrivato dopo soli due mesi (portiamo sfiga? È possibile), analizzare ciò che di gustoso sta succedendo tra porporati e papabili in funzione di quanto ci ha raccontato il cinema, più (Conclave) o meno recentemente (Habemus papam). Dall’intrigo spionistico alla commedia con risvolti beckettiani e psicoanalitici. Perché, leggendo i giornali di questi giorni, mi crogiolavo abbastanza in notizie apparentemente improbabili ed è sempre sorprendente quando la realtà super la fiction, malgrado in passato qualcuno abbia sentito la necessità di un’Avvertenza agli scrupoli della fantasia per difendere il proprio lavoro dall’inverosimiglianza.

Condivido con voi: ditemi se per caso vi ricorda qualcosa. Il malore che ha colpito il cardinale Parolin. Anzi, no, sono solo fake news comparse sui siti americani per farlo fuori dalla corsa. I due cardinali che falsificano la loro data di nascita per poter votare (superati gli ottant’anni si è troppo rincoglioniti per scegliere il Papa). Angelo Becciu che vuole entrare lo stesso nel Conclave nonostante sia stato punito. Però spuntano due lettere firmate da Bergoglio in ospedale il cui senso è, più o meno: col cazzo, tu non entri. Il presule cileno Cipriani, che se ne fotte di essere stato sanzionato da Bergoglio per un caso di pedofilia e partecipa imperterrito a tutte le congregazioni preliminari, dove si discute il profilo del nuovo papa. Santos Abril y Castelló, fedele alla passione spagnola del tennis, che affitta il campo per sfidare colleghi ma che tiene sempre pronto il suo fido segretario con una fantomatica telefonata per interrompere la partita, qualora perdesse. Un altro cardinale, di cui non è stato reso noto il nome, ha chiamato i suoi amici (maggiorenni) nella stanza dell’hotel, insieme si sono spazzolati tutto il frigo bar e poi si è quasi offeso quando gli hanno messo sul conto tutte le bottigliette mignon che si sono scolati. E infine, il filippino Luis Antonio Gokim Tagle, anch’egli tra i favoriti, che teme da matti che un video di anni fa, quando cantò Imagine di John Lennon, possa diventare virale e rovinargli la piazza (non per sabotarlo, visto che tra l’altro canta anche bene, ma eccolo qua).
Tutto già visto nei film citati in precedenza: dagli intrighi delle varie consorterie del film di Edward Berger (con il filtro di Robert Harris, che su complotti e macchinazioni la più lunga di molti altri) alle situazioni grottesche orchestrate da Moretti, con la pallavolo al posto del tennis, ma sempre di una rete in mezzo si parla.
Mentre mi arenavo sul “faccio non faccio”, sul “ma sarà il caso?”, constatando che probabilmente avevano già detto tutto e quel poco di non detto non avrebbe interessato nessuno, è comparso improvvisamente questo:

Noooo, sublime. Quello che nemmeno io, nel buio della mia cameretta, tanto per dare ragione a quel paio di fessi convinti della mia megalomania, e anche solo per vedere cosa ne sarebbe venuto fuori, avrei MAI avuto il coraggio di fare — e che poi non ho fatto neanche adesso, malgrado i limiti fossero stati ormai letteralmente polverizzati.
Stupendo, davvero. Se fosse un meme, sarebbe simpatico. Forse un tantino eccessivo. Equilibrato solo se si trattasse di un tentativo di satira. Ma questo non è un meme. Cioé, lo diventerà presto, probabilmente nel momento in cui leggerete questo stesso post, ma quando è stato pubblicato non si è trattato neanche di cattivo gusto (e lo sarebbe). È follia. Nel caso ve lo foste persi (impossibile), guardate di chi è il profilo: il @realDonaldTrump, laddove il profilo fake forse non sarebbe mai arrivato a tanto. Per rendere la giusta proporzione: è come se ai bei tempi in cui furoreggiava, il buon Silvio sotto Natale si fosse piazzato in fasce in una mangiatoia tra il bue e l’asinello. Ma è anche come se Trump si fosse messo collanazza hip hop e occhiali da sole da gangsta con un filtro di snapchat. Il troppo e il nulla, comunque lo si guardi.
La distopia si fa Storia. In che modo, direte voi? Non voglio certo scomodare il conflitto tra potere temporale e spirituale, ma che un capo dello Stato, con ogni probabilità il capo di Stato più potente del mondo, scherzi come un ragazzino problematico o come il collega coglione che hai di fianco in ufficio, è davvero inquietante. Se invece non scherza e volesse proporre un’ipotesi di outfit giusto per mostrare quanto gli donerebbe se per caso fosse lui il prescelto tra Zuppi, Pizzaballa, Aveline, Arborelius (bel nome, antico, ma tempi duri per i gay) o Besungu (come sarebbero contenti i Pitura Freska!), sarebbe di certo un caso psichiatrico, perché è vero che ognuno nella sua vita privata si veste come cazzo gli pare, anche con i maglioncini d’angora se ne sente l’impulso, ma non si può pretendere che poi tutti ne apprezzino l’insano gusto. E se infine l’obiettivo fosse una sorta di messaggio occulto, come a dire: occhio, che chiunque eleggiate, alla fine il vero capo sono io, come dicono nelle periferie delle grandi città prima di prendere due schiaffoni regolatori, allora vuol dire che la decina di secoli trascorsi dai dispetti tra Enrico IV e Gregorio VII è passata assolutamente invano.
Altro che riflettere sull’elezione del nuovo papa utilizzando il filtro di Conclave e Habemus papam, The Don, quando entra sulla scena, ridicolizza tutti, anche il senso del ridicolo. Ora, semmai aveste avuto un solo dubbio, tutto diventa possibile: l’invasione della Groenlandia e anche l’annessione del Canada. La distopia trumpiana rende reale ciò che anche il cinema avrebbe avuto pudore di mostrare, con l’eccezione del film di South Park, in cui davvero gli Stati Uniti dichiaravano guerra al Canada (ma in South Park ci fu anche un incontro di pugilato tra Cristo e il Diavolo, che c’entra!).
Il prossimo passo sarà cavalcare una bomba atomica come nel Dottor Stranamore: sarebbe la prova che è sempre più avanti di qualunque ipotesi di sceneggiatura, anche se probabilmente nessuno di noi sarà ancora qua per poterne discutere e dire «Te lo avevo detto!» La foto c’è già, esiste, e almeno, magra consolazione, non l’ha fatta lui. E credo che lo rimpianga maledettamente.

Satirico. great, come sempre.
divertente tutto ma il pezzo su foto papale di Trump è da schianta’ dal ride, come dicevano i miei parenti toscani-
ASTA, cane!!
mar. mo. (e chi sennò?????)
Quoque tu vittima di CHATGPT.
Testo e immagini
Testo? Ma le pare? Se il testo fosse opera di ChatGPT sarebbe la prova del suo mancato funzionamento.
Servo. Lei sa di chi
Senza dubbio. Fin da prima della pubertà. Ma non credo che parliamo della stessa cosa.
Lei è pagato dalla lobby
No no, non sono pagato, sono solo amatore.
Prossimo Papa? Lino Banfi. Anche se dura poco tempo
Questo conclave non potrà essere peggio del film con lo stesso nome. O no?
Però mi devo accontentare di “Conclave”, quello finto, perché del vero non saprò mai nulla.
Ma lavorare mai eh
Perché, se si è ricchi di famiglia?
Deo Gratias!
Primo giorno andato. 0-0 palla al centro
Il vecchio gioco all’italiana.
alla fine hanno fatto Papa Ranieri
UN COMMENTO SU ALEX GARLAND?
Un po’ off topic, come argomento, ma per quanto possa interessare ciò che ne penso, è un regista molto interessante, quasi ossessivo nelle sue procedure di racconto.
“Men” era un horror che per un’ora ha retto magnificamente, di “Civil War” abbiamo parlato ad aprile di un anno fa.
Occhio a “Warfare”, che esce il 12 giugno.