Ci ha salutato anche Anna Karina, in questa mesta fine del 2019.
Non ho nessuna intenzione di accodarmi ai coccodrilli che ne hanno parlato e ne parleranno come della musa di Jean-Luc Godard e di conseguenza della Nouvelle vague, faranno l’elenco dei suoi film, accenneranno al divorzio e alla sua carriera successiva ecc.
No. Coerentemente con quello che pretende da se stesso questo blog, proporremo solo due frammenti.
Uno immobile nella forma, ma dinamico nella sostanza. Un fermo immagine di Questa è la sua vita, quando Anna, che nel film si chiama Nana, si commuove davanti alla proiezione de La passione di Giovanna d’Arco di Dreyer. Le lacrime, la sua stupefacente e ancora fresca bellezza, la sostanza di una passione cinefila che oltrepassa la durezza della vita per diventare sentimento, contagio, totale coinvolgimento. È l’essenza del cinema che si rispecchia in se stessa, in un gioco di rimandi fatto di proiezioni ed emozioni, visioni e accoglienza, creazione ed emanazione di icone, vecchie e nuove. Una superficie luminosa che trasforma l’intensità del cinema in emotività.
L’altro è uno spezzone. Di un film fondamentale, Pane e cioccolata. Fondamentale non solo per la sua portata all’interno di un tardo periodo della commedia all’italiana (è il ’73), ma anche perché ci fa ricordare quando a emigrare eravamo noi (noi chi?). Lui è Nino Manfredi, italiano; lei è greca. Il loro è l’incontro di due solitudini in una notte serena all’interno di un paese che pur non essendo ostile è totalmente indifferente.
Dicono «abbasso tutti i colonnelli», ma a noi piace pensare che si stiano riferendo anche a tutti i capitani. E sia chiaro che il calcio non c’entra. Strumentalizzazione? Ovvio.
Buonanotte, Anna.